Il caso che ha fatto – e sta facendo –
clamore in questi giorni sui media, l’arresto di Mons. Lucio Angel Vallejo
Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, personaggi di punta nella Commissione
voluta da Papa Francesco per la gestione degli affari economici della Santa
Sede, la conseguente pubblicazione (ci si può interrogare sul tempismo degli
editori o di chi ha pilotato l’operazione, ma questa è un’altra storia) di
libri basati su documenti riservatissimi e il “taglia e cuci” su chi e come si
vive all’interno del Vaticano, sembra ancora una volta contrapporre due tipi
diversi di Chiesa, uno buono, quello rappresentato da Papa Francesco e dalla
sua volontà di riforme, e quello dei curiali, retrivi e restii ai cambiamenti,
nonché opulenti e corrotti. Il tutto, naturalmente, “per aiutare lo stesso
Santo Padre nella sua opera di riforma”. Quale nobiltà d’animo! Peccato che
tutta l’operazione puzzi di denaro lontano un miglio e che l’opera di Francesco
vada nel senso inverso, cioè sulla strada della sobrietà e
dell’autentico servizio alla Chiesa e all’uomo!
Con questo mio articolo non voglio né
commentare i fatti o aggiungere carne al fuoco (non mi compete e, d’altra parte
chi ha questo tipo di curiosità può attingere a piene mani sui giornali, sui
siti e sui blog a tema) né, come consigliava san Pio da Pietrelcina, mi
permetto di giudicare uomini di Chiesa che non si comporterebbero secondo il
Vangelo, che annunciano, né, tantomeno, vorrei fare pubblicità ai libri in
questione. Se ne parla già tanto. Si sa: gli scandali aumentano le
vendite. Il problema è perché, in questo primo scorcio del XXI secolo, la Chiesa
si sia trovata in questo caos (fermo restando che, nella sua bimillenaria
storia, ne ha viste di cotte e di crude, senza perdere la bussola e resistendo,
appunto, per due millenni. E se un non credente come Vittorio Feltri fa di
questa solidità della Chiesa la base del “sospetto” circa l’esistenza di Dio, è
tutto dire!).
Diverse voci (fra cui quella di Antonio Socci nel suo libro “Non
è Francesco”) richiamano alcune profezie (la visione di Papa Leone XIII [2
marzo 1810 – 20 luglio 1903; Papa dal 3 marzo 1878 fino alla morte], quelle
della Beata Anna Caterina Emmerick [8 settembre 1774 – 9 febbraio 1824], soprattutto
la cosiddetta “profezia dei due Papi”, i segreti di Fatima e quelli presunti di
Medjugorje [sui quali – è bene ricordarlo – la Chiesa deve ancora ufficialmente
pronunciarsi e le indiscrezioni che girano in rete non fanno assolutamente testo]),
che riporterebbero a questo nostro tempo lotte apocalittiche fra lo Spirito del
Male e la Santa Chiesa e la temporanea vittoria del primo (concessa da Dio)
sulla seconda.
Pur vedendo bene che i fenomeni richiamati sono nati in seno
alla Chiesa Cattolica e, almeno in parte, sono stati riconosciuti, il loro
carattere il loro stile apocalittico (derivato, cioè,
dall’Apocalisse) non mi permettono di dare su di essi un giudizio obiettivo né
per accettarli né per respingerli. L’allora Prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger, parlò, a nome di San Giovanni
Paolo II, del terzo segreto di Fatima con queste parole (clicca qui). La Storia
della Chiesa, dunque, è la storia del rapporto d’amore fra l’intero popolo di
Dio e il suo Creatore e Signore, rapporto sempre segnato dall’infedeltà (cfr.
il libro biblico del Profeta Osea) e dal disordine che nasce allorquando Satana
cerca di portarci dalla sua parte e l’Umanità si rende proclive ad accettare la
sua immonda signoria. È innegabile che ai nostri giorni vediamo tanti segni
dell’infiltrazione del “fumo di Satana (come lo chiamò il Beato Paolo VI) nel
tempio di Dio” (che non è solo la Chiesa come istituzione, il Vaticano, ma
tutto il popolo cristiano. Il mio pensiero è che noi comuni fedeli siamo
proclivi a vedere l’esterno, ma non riusciamo a vedere l’interno (ancora una
volta, si fa vera quella parola del Signore ai Farisei che pulivano bicchieri e
stoviglie solo all’esterno, ma che all'interno lasciavano ogni sorta di sudiciume; Mt.
23, 25). Certo, non è una bella cosa vedere uomini che predicano l’amore per i
poveri e la vicinanza ai derelitti abbuffarsi di beni materiali e privilegi,
leciti e illeciti, ma credo più grave agli occhi di Dio la disobbedienza alla
Sua Santa Maestà e alla Sua Legge, quando si vuol rendere lecito l’illecito, quando
si vogliono togliere a Dio i Suoi sovrani diritti di Sommo Legislatore e
Ordinatore del mondo, quando si trova buona e giusta la violenza pubblica e
privata e la guerra per vendere armi e strumenti di morte vari, quando un
politico, soprattutto se si dice cristiano, approva leggi contro la vita e
contro la famiglia, quando si vuol togliere ai bambini i loro diritti, in primo
luogo quello di vivere serenamente in una famiglia in cui mamma e papà (ripeto
mamma e papà) si vogliono bene e gli vogliono bene, quando si permette il
dilagare della corruzione e di un’economia che attanaglia i Paesi poveri,
quando si permette che a pochi centimetri dal nostro naso c’è chi tende una
mano e la maggior parte di noi volge lo sguardo dall’altra parte ecc. ecc. (ne
abbiamo tante da aggiungere. Per tutti: singoli individui, gruppi e lobby!)
Ecco perché, secondo me, c’è stato Vatileaks
2.
Ponendo l’attenzione su questi aspetti della
vita cristiana, il Papa si è reso inviso a molti. La stessa divisione, vera o
presunta, fra vescovi e cardinali “tradizionalisti” e vescovi e cardinali “progressisti”,
o bergogliani, come li chiamano i detrattori di Papa Francesco, secondo me, non
ha una vera e propria importanza, se è vero che, fra i cardinali “spendaccioni”,
ci sono l’Arcivescovo di Sidney, George Pell, dirigente del C9 (come è stata
chiamata la commissione che affianca il Pontefice nella riforma della Curia) e,
quindi, sicuramente bergogliano, e l’ex Segretario di Stato, Tarcisio Bertone,
uomo – pare – inviso al Papa (ma stretto collaboratore di Ratzinger alla
Congregazione per la Dottrina della Fede e, quindi, presumibilmente,
“tradizionalista”) e, soprattutto, se è vero che al Sinodo, sia pure per pochi
voti, è passata la tesi attribuita ai “tradizionalisti”. Ciò, al limite, può
significare, come ebbe a dire Benedetto XVI, quando lasciò, che la Chiesa non è
degli uomini, ma di Cristo e che è Lui a guidarla in ogni tempo.
I reali limiti del pensiero e delle riforme
papali sono, invece, a mio avviso:
- · la tendenza al decentramento rispetto alla sua figura da un lato e, dall’altro, l’accorpamento di varie funzioni di governance nelle mani di pochi uomini;
- · la maggiore presenza di laici, soprattutto – sia detto senza volontà discriminatoria – di donne in un mondo fino adesso maschile per definizione;
- una certa strana empatia che include, nel proprio entourage, tutti, fino a non considerare reale e possibile la presenza di lazzaroni e profittatori, pronti a raggirarlo nella sua buona fede;
- · il fidarsi troppo anche di persone esterne al mondo cattolico e/o animate da fini non proprio cristiani (vedere il caso dei colloqui con il giornalista e scrittore Eugenio Scalfari o i casi di Francesca Pardi e le presunte benedizioni dei libri gender e degli occupanti romani di Andrea Alzetta detto “Tarzan”).
Cos’altro dire? Io credo che ogni uomo, fosse
anche il Papa quando non parla ex
cathedra e a nome di tutta la Chiesa, è soggetto all’errore (fosse anche
solo di prospettiva) come qualsiasi uomo. Noi, dunque, dovremmo solo pregare
che il Signore rinvigorisca la Chiesa e la sua autorevolezza con il Suo Spirito
e dia forza, salute e coraggio al Suo timoniere per dissipare le tenebre di
questo nostro mondo infiacchito da troppa mondanità.
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