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IL MISTERO DELLA CHIESA


Don Giovanni Battista Montini nel 1920, anno della sua ordinazione sacerdotale



Da una catechesi ai sacerdoti sulla Chiesa di don Giovanni Battista Montini (futuro papa Paolo VI) prodotto negli anni del suo servizio alla Segreteria di Stato vaticana

«[…] la volontà di Dio è la Chiesa. Dio ha amato il mondo in unità; ha svolto il suo pensiero in un piano unico; ha salvato gli uomini socialmente. Nella carità umana si realizza la carità divina. Lo Spirito è carità, la carità genera la società: quella società che è così spirituale da essere libera e sciolta dalle vicissitudini della politica e dell’organizzazione del benessere temporale, e così visibile e umana da costituire corpo e gerarchia e da assicurare nell’esercizio d’un ministero esteriore la presenza e l’azione salvatrice del Dio invisibile. La Chiesa è l’intermedio fra lo spiritualismo individualista e la società civile: partecipa dei due per avere i pregi dello spirito e dell’ordine sociale, ma si distingue dai due per non essere spiritualità solitaria, né consorzio a scopi terreni. – E la volontà di Dio è che l’uomo partecipi e si salvi partecipando alla Chiesa. – La Chiesa non è un vincolo, né un peso, ma un dono, una fortuna, una grandezza; non è un sistema automatico e esteriore di salvezza, ma un dovere, un amore, un sacrificio.
[…]
Ora la Chiesa è composta di uomini, ed è governata da autorità rivestite da uomini. Essa non è una pura dottrina, ma una società, una vita. Non è un semplice esercizio religioso, ma un organismo, una storia, un’umanità religiosa. E non è neppure un’umanità perfetta: è santa, per la sua origine, per i misteri che porta con sé, per il suo fine, per il suo compito, per tutto quello che in lei risponde al disegno divino; ma è fallace per tutto quello che di umano, di terreno, di temporale, porta con sé. Infallibile nella sua dottrina, è quanto mai fallibile nella pratica della sua dottrina; splendida, eroica, prodigiosa nella sua veste di sposa di Cristo – veste tessuta dalla grazia stessa e dalle virtù umili e veraci dei suoi figli –, è povera, talora meschina, insignificante nelle abitudini di coloro che la compongono, e che talora anche la rappresentano. Nulla è più facilmente deformabile e deforme, ridicolo e abietto quanto ciò ch’è sublime. Bisogna tener sempre presente l’immagine vera e trasfigurata della Chiesa per non patire scandalo dell’imagine [sic! N. d. r.] non meno vera ma infedele della Chiesa storica e concreta. Bisogna veder Cristo nel povero. Quanto più Cristo nella sua Chiesa! – Ed è proprio questo atto di fede, che restituisce alla Chiesa, pur composta di gente antipatica, la sua fiammante dignità, quello che rende lo spirito libero e obbediente: libero perché non si curva che davanti a Dio, obbediente perché non rifugge di riconoscere Dio nella rappresentanza umana. Libero, perché nessun esempio e nessuno scandalo lo piega a tradire la santità della legge evangelica; obbediente, perché accetta il comandamento del bene anche da chi professandolo lo tradisce. Libero, perché può alimentare idee auguste pur eseguendo compiti angusti, obbediente, perché volentieri offre se stesso a chi non potrà mai né comprendere, né ripagare un tal dono, ma solo ha potestà di riceverlo e di impiegarlo.»

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