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venerdì 20 novembre 2009

Il fantasma di Sintra

NOTA BENE: Pubblico questo racconto con notevole ritardo. Avrei voluto farlo per il 31 ottobre, per la “notte di Halloween”, ma, purtroppo, il tempo e altri impegni non me l’hanno permesso. In dubbio se pubblicarlo comunque o attendere la stessa ricorrenza l’anno prossimo, l’ho fatto ugualmente. Superstizioni e fantasmi non attendono Halloween per manifestarsi quando il terreno di coltura è favorevole.
Il video da cui trae LIBERA ISPIRAZIONE si trova a questa pagina di youtube. Il filmato in questione vorrebbe avvalorare l’esistenza dei fantasmi. Lo scrivente crede che esso sia una montatura e, attraverso questo racconto giallo, ASSOLUTAMENTE INVENTATO, intende demolirlo. Le motivazioni addotte per illustrarne la falsità – ombra del presunto fantasma e telecamera accesa da parte di uno dei viaggiatori, oltre al terrore negli occhi della ragazza fantasma (il fantasma incute terrore, ma non lo prova, quant’anche esposto ad una condizione maledetta) – sono vere. Il resto, invece, è frutto d’immaginazione per creare una storia verosimile che prenda il posto di una verità che, evidentemente, non c’è. L’autore, dunque, si augura che nessuno si senta offeso o, peggio, leso nel suo buon nome e spera che la storia susciti interesse.
Buona lettura!

Quando il commissario Loiacono, dopo essere rincasato e liberatosi degli abiti zuppi di pioggia, fu davanti al computer per prendere visione della posta elettronica, come faceva tutte le sere, ultimo gravoso impegno della giornata (gravoso per lui, che aveva dovuto informatizzarsi per necessità e che non aveva molta dimestichezza con il web), si trovò di fronte ad una strana mail. Si trattava di un filmato in bianco e nero inviato anonimamente. Per evitare che eventuali virus gli infestassero il computer, fu tentato di cestinarlo, ma qualcosa gli diceva di non farlo. Stette un po’ soprappensiero, poi cliccò per esaminare il video.
Dopo averlo rivisto più volte, si alzò, camminò su e giù. Una parola gli frullava nella testa, il nome della località dove era stato girato il filmato, Sintra. Non era mai stato particolarmente ferrato in geografia e quel nome gli suonava misterioso, come, del resto, appariva la località nel filmato. Si alzò nuovamente e andò a consultare il dizionario enciclopedico:
- Sintra… Sintra… Sintra…. Ecco!
Lesse:
- Città portoghese nel distretto di Lisbona, antica sede di re, famosa meta turistica, in cui si possono ammirare molte bellezze artistiche d’età rinascimentale fra cui… ecc. ecc.
Andò a rivedere il filmato: la strada percorsa dall’auto e le case, che si intravedevano ai lati della carreggiata, non mettevano in rilievo nessuna delle bellezze architettoniche o paesaggistiche, che la cittadina vantava, e il paesaggio extraurbano dove si svolgeva la vicenda era veramente spettrale (come, del resto, il titolo del video). A questo punto, il commissario non si capacitava del chi o del perché gli fosse stata mandata quella mail. È vero che mancava poco a quella cavolata della festa di Halloween e che poteva essere uno scherzetto telematico di nuova generazione, ma a quale scopo? Non chiedeva di mandare il file ad altri, non era inviato da amici, era di pessima qualità… dunque?
In quel momento, squillò il telefono.
- Chi è? – domandò con voce evidentemente irritata.
- Che hai? Ti ho svegliato? – fece, all’altro capo, il suo vice, Ivana Santarelli, dalla questura, dove faceva il turno di notte.
- No, figurati! Sono alle prese con il computer.
Sentì Ivana ridacchiare. La ragazza, infatti, conosceva il grado di competenza in fatto di informatica del superiore.
Dopo qualche secondo di silenzio fra i due, durante i quali Gregorio cercava di immaginare quali fossero i pensieri di quella bella donna che, tra l’altro, lo sapeva, nutriva un debole per lui.
- Ivana, non sono in vena, stasera! – esclamò. – Se, dunque, c’è un buon motivo per chiamarmi, parla, altrimenti, ci vediamo domani!
La donna era abituata a quella ruvidezza, ma, quella sera, dovette restarci un po’ male.
- E che non so come dirlo! Qui, al commissariato, abbiamo un problema e sarebbe richiesta la tua presenza. – esclamò.
Loiacono sbuffò.
- Lo so che, con questo tempo, preferiresti essere al calduccio di casa, ma la tua presenza è urgente!
- No, non è tanto questo… È che… Va bene, arrivo!
Chiuso il telefono, prese l’impermeabile ancora bagnato di pioggia e il colbacco, che usava quando faceva assai freddo, e aprì la porta per uscire.
Lo sgangherato ascensore del condominio dove abitava, che l’amministratore non si decideva a far riparare, gli ispirava scarsa fiducia. Preferiva piuttosto fare le scale che rischiare di rimanere chiuso e fare una figuraccia. Tanto, poi, c’era Agata, la portinaia, una brava donna, non particolarmente bella né proprio giovanissima, ma piacevole compagnia, che, tra l’altro, gli faceva anche i lavori di casa e gli preparava qualche buon piatto, che lui apprezzava più del cibo spesso riciclato della vicina tavola calda, che l’avrebbe rinfrancato con quella sua allegra parlantina!
Erano all’incirca le ventitre. Proprio in quel momento, la donna stava chiudendo il portone.
- Scusa, Agata: devo uscire di nuovo!
- Co sto freddo, commissà? – gli domandò con il suo accento romanesco, che sapeva che il funzionario trovava assai divertente.
Gregorio le sorrise e si accinse ad uscire.
- Mi hanno chiamato dal commissariato. Hanno sempre bisogno di me. A volte, mi pare di non avere un vice.
Appena fuori del portone, fu colpito da una forte raffica di vento e acqua e, nello stesso momento, la strada, deserta, fu illuminata da un lampo.
Agata si segnò. Da quando, nella campagna romana, aveva visto un contadino morire per un fulmine, aveva una paura matta dei temporali. Il commissario, intanto, aveva aperto la portiera dell’auto e vi si era catapultato dentro.


***

Ivana e De Simone gli corsero incontro subito appena ebbe messo piede nell’atrio dove si apriva lo scorrevole dell’ascensore al terzo piano del palazzo di Via Murat.
- Commissario, uno scherzo che non è uno scherzo!
L’agente, nella concitazione del momento, non si era accorto dello sproloquio.
- Piano… piano! – lo esortò Loiacono. – Non facciamoci prendere dall’agitazione. Procediamo con ordine.
Ivana cominciò a raccontare che De Simone e Montesi, uno degli ispettori di turno, stavano scaricando delle e-mail e, ad un certo punto, era venuto fuori uno strano video su un incidente mortale avvenuto in Portogallo tempo fa e attribuito niente di meno che ad un fantasma.
Montesi, che era anche amico personale del commissario e sapeva che superstizioni e affini lo mandavano in collera, si aspettava un botto ben più forte del tuono, che lo aveva spaventato e gli aveva fatto spargere per terra il malloppo di documenti, che portava nella stanza della Santarelli.
- Chi l’ha inviato e da dove? – fu l’inattesa domanda.
- Giallonardo ha fatto sapere che potrebbe essere stato mandato da un Internet Point, ma non ha detto di più. Sta cercando dei contatti con la Postale.
Il commissario volle dare uno sguardo al video. Ivana lo accompagnò vicino al computer di Montesi e fece click sulla freccetta che attivava la visione.
Dopo aver osservato in un silenzio evidentemente meditabondo, il commissario chiese alla vice di aprirgli la sua casella. I presenti rimasero stupiti, vedendo lo stesso file nella posta del commissario.
- Chiamate Giallonardo! – ordinò Ivana.
Dopo una faticosa ricerca, il sovrintendente della Scientifica stabilì che anche la mail del commissario poteva provenire da un Internet Point.
- Della cosa si sta occupando l’ispettrice Marchini della Postale. Mi ha anticipato che le sarà necessario del tempo. – precisò il poliziotto.
Loiacono rifletté alquanto. La vicenda lo turbava. Non vedeva nessuna necessità che un Pinco Pallino, probabilmente portoghese, cercasse di mobilitare una questura italiana di provincia su un fatto accaduto tempo fa e, verosimilmente, archiviato come incidente stradale (benché creato per cause paranormali, cosa alla quale non credeva affatto).
In quel momento, si presentò un uomo sulla cinquantina. Disse di voler denunciare un furto.
- Occupatene tu, Lorenzo! – ordinò il commissario a Montesi.
- Va bene!
L’ispettore e l’agente De Simone uscirono, trascinandosi dietro l’uomo venuto per la denuncia.
- Che facciamo? Non possiamo mica occuparci sul serio di una stronzata simile! – domandò Loiacono alla vice.
- D’accordo che la vicenda è grottesca e che potrebbe essere uno scherzo di un balordo o l’impresa di un mitomane; d’accordo che tu non credi ai fantasmi…
- Perché? Tu ci credi?
- Se prendo la cosa dal punto di vista razionale, scientifico, sarei portata a dire di no, ma potrebbe anche esserci dell’altro, sotto!
- Il punto di vista scientifico? Tu dovresti vedere la cosa da un solo punto di vista, quello del poliziotto… Qui, ci sono due mail dallo stesso contenuto: un incidente avvenuto tempo fa in Portogallo, quindi in uno Stato sovrano e, quindi, fuori della nostra giurisdizione, attribuito a cause di incerta origine, e un superstite, che non ha parlato, di cui si presuppone “che non parlerà mai” (caricò queste ultime parole). In fondo, quindi, si può dire che non abbiamo alcunché in mano. I casi, dunque, sono due, o qualcuno vuole burlarsi di noi o siamo di fronte all’opera di uno mentalmente disturbato.
- E se aspettassimo un seguito?
- Ecco, brava: è la cosa più sensata! Tu aspetta il tuo seguito e io ritorno a casa.
Detto questo, uscì senza salutare.


***

Era finito di piovere, ma l’aria era rimasta umida, di quello scirocco caratteristico della Puglia e della Terra di Bari in particolare. Appena rincasato, Gregorio si spogliò e, con i soli calzoni del pigiama, si sdraiò sul letto. Non aveva alcuna voglia di dormire. Rifletteva su quella strana vicenda. La sua mentalità poliziesca, come aveva detto ad Ivana, lo portava ad ignorarla, ma un generale sesto senso – poliziesco anche quello, del resto – lo portava a credere che la sua vice potesse aver ragione. Bisognava inquadrare la faccenda in altro modo. Stentava a credere che la Polizia di Sintra o di Lisbona (“Chi se n’era occupato?”) potesse aver chiuso il caso così a cuor leggero e accontentandosi di una risposta illogica. E quel Julio, poi? Possibile che gli inquirenti l’avessero lasciato perdere, senza torchiarlo a dovere per avere qualche notizia più precisa? Per lui, man mano che il suo cervello realizzava questi pensieri, o altri del genere, l’affare diventava sempre più assurdo. Si rialzò, accese il computer e rivide il filmato. Una delle didascalie di coda era chiara. La Polizia aveva dichiarato che una donna chiamata Anita Alvarez era morta in un incidente automobilistico nella zona, in cui avevano perso la vita due dei protagonisti del filmato. L’inquirente doveva essersi informato seriamente. Gregorio sapeva che, al di là delle convinzioni personali del soggetto indagante, certe azioni dovevano essere fatte in un certo modo: erano – come usava dire in magistratura – un atto dovuto. Ma quel filmato aveva più di una cosa che non quadrava. Lo rivide varie altre volte e, finalmente, giunse ad una conclusione. Prese dall’elenco il numero privato della dottoressa Marchini e la chiamò. In una mezz’ora di conversazione, capì quello che doveva fare. Poteva ritornare a letto, sicuro che avrebbe dormito quasi saporitamente.

Angelica Masi, l’agente portinaia, lo salutò amichevolmente, come era solita fare, ma lui filò direttamente nella stanza di Montesi.
- Lorenzo! – lo chiamò, con la voce che denotava indisponibilità alla discussione. – Voglio l’ubicazione precisa di tutti gli Internet Point della città, voglio sapere se ci bazzicano portoghesi e, in caso affermativo, se qualcuno di loro proviene da Sintra o comuni limitrofi.
Non gli diede tempo di replicare che già era fuori. Chiamò Ivana e la convocò nel suo ufficio.
- Ho dato disposizioni all’ispettore Montesi di fare una ricerca in tutti gli Internet Point di Bari e di verificare la presenza di portoghesi …
- Ma non avevi detto che era una stronzata?
- Sì, ammetto di averlo detto, ma, se ricordi bene, ho anche approvato la tua proposta di voler attendere ulteriori sviluppi della faccenda…
- Ma non ce ne sono stati… O dovrei essere messa al corrente di qualche novità?
- Stanotte, ho parlato con la Marchini e credo che dovremmo indagare un po’. E' probabile che ci troviamo di fronte ad una richiesta di aiuto.
Ivana rifletté, ma non riuscì a venirne a capo. Il superiore gli fece rivedere il filmato.
- Ma, scusami! Questa gente si dirige verso Sintra; nell’auto sono in tre: Francisco (l’uomo alla guida), Pamela e Julio. Quest’ultimo, nonostante i continui rimproveri degli amici, continua a “giocare” con la sua nuova videocamera, anche quando escono dalla cittadina e raggiungono il posto spettrale luogo dell’incontro con il supposto fantasma…
Ivana accennò ad interromperlo, ma il commissario le annunciò che sul fantasma ci sarebbe stato da ridere.
- Julio, come ho detto, non smette neppure di fronte al fascino sinistro del posto…
- È chiaro! – osservò la vice. – Sta filmando.
- Appunto! Sta filmando. Ma perché filma e, soprattutto, perché i suoi amici non vogliono che lo faccia?
- Perché c’è qualcosa sotto?
- Ottima deduzione! Guarda un po’: quando Francisco dirà all’amica che si ferma, perché l’autostoppista è sola, osserva bene il presunto fantasma.
Ivana continuava a guardare il video. Sul suo viso il commissario intravedeva i segni di compiacimento di una vittoria morale. Pensava, evidentemente, a qualcosa come “Sono riuscita a vincere. Non hai cervello solo tu, qui dentro. Te ne accorgerai!” E, forse, anche a qualcos’altro.
Mentre faceva queste riflessioni, continuava a guardare attentamente il tratto del filmato indicatole dal superiore. Lo fece tornare indietro più volte. Alla fine, esclamò:
- Ma questa qui è una donna in carne ed ossa!
- Già! – annuì il commissario. – Ad un occhio anche di poco più attento della media non sfugge che, sotto i fari dell’auto, appena obliquamente rispetto alla figura femminile, si scorge l’ombra: segno inequivocabile, come hai detto tu, che siamo in presenza di una persona viva. E che sia viva abbiamo, secondo me, anche un’altra prova.
- Quale?
- Il suo spavento di fronte alla prospettiva di andare a sbattere.
- E dunque?
- Quando mi hai fatto capire che ritenevi opportuno che ce ne occupassimo, mi hai messo una pulce nell’orecchio. Che il filmato era stato inviato alla questura e a me personalmente mi aveva fatto un certo effetto. Non riuscivo a spiegarmene il motivo, tanto più che gli invii, sia questo sia quello che ho io, non erano accompagnati da nessuna spiegazione. Quando sono ritornato a casa, in seguito ad alcune riflessioni, ho rivisto varie volte il filmato e ho chiamato la Marchini.
- Hai visto che avevo ragione? – gli fece, a mo’ di risposta, Ivana.
Il commissario le sorrise – era la prima volta che lo faceva nei confronti di una inferiore di grado – e si accinse ad uscire.
Sulla porta fu fermato da Montesi.
- Ho gli indirizzi di tutti gli Internet Point. Non mi è stato possibile, però, rintracciare utenti portoghesi.
Loiacono prese l’elenco, che gli porgeva l’ispettore, lo esaminò superficialmente e lo mise in tasca.
- Contatta l’ufficio Immigrazione e fatti avere un elenco di tutti i portoghesi presenti in città. Se ci sono pregiudicati, fammi avere anche le schede del casellario. Il tutto, nel mio ufficio!
Appena l’ispettore fu uscito, Loiacono ritornò nella stanza di Ivana.
- Conosci il portoghese?
- No, ma so a chi rivolgermi.
- Dovresti contattarmi il posto di Polizia di Sintra – o di Lisbona, se necessario – e chiedere di chi si occupò delle indagini sugli incidenti, tanto quello in cui perse la vita Anita Alvarez che questo che vede coinvolti questi tre giovani.
- Cosa dovrò domandare?
- Ciò che ti viene in mente. Qualsiasi domanda atta a capirci qualcosa. Trovo alquanto strano che un’indagine di Polizia sia stata conclusa in un modo così ridicolo.
Mentre Loiacono parlava, rientrò, trafelato, Montesi con l’elenco degli immigrati portoghesi. Il commissario lo guardò attentamente, poi si sdraiò sullo schienale della sedia e socchiuse gli occhi. Era la sua posizione preferita per riflettere. I suoi uomini sapevano, però, che era anche il preludio di una mossa decisa e mirata. Dopo qualche secondo, infatti, si alzò e dette alcuni ordini: Ivana non avrebbe scomodato la Polizia portoghese (“almeno, per il momento”), mentre Montesi con un paio di agenti avrebbe dovuto convocare alcune persone, che gli indicò con il dito sulla lista.


***

Il commissario era nel suo ufficio. Aveva acceso una sigaretta e se la godeva, sdraiato sulla spalliera della poltrona. I suoi occhi esaminavano l'elenco degli Internet Point baresi. L’unico rumore era il brusio leggero del computer acceso. Ad un certo punto, fu scosso dal vociare di due uomini che litigavano e da quella conciliante di De Simone.
- Che succede? – domandò, affacciandosi sulla porta.
- Julio Alvarez e Paco Mendez! – annunciò l’agente, entrando con due uomini.
Appena furono entrati, il commissario li fece accomodare e avviò il video.
- Signor commissario, forse ho sbagliato, ma era l’unico modo per liberarmi da una maledizione…
Il commissario accennò con il capo un assenso ironico.
- No, non è come pensa. La verità è che Francisco, Pamela, io e lui – indicò Paco – frequentavamo il terzo anno di Filosofia all’Università di Lisbona. Nel 1983, si iscrisse anche Anita, che era mia sorella. Noi facevamo un gruppo ben compatto e, spesso, ci davamo, come dite voi, al buon tempo. Anita prese a simpatia il nostro gruppo e voleva farvi parte. Io, in realtà, ero molto contrario, dato che, a volte, ci davamo a divertimenti un po’ particolari…
- Che tipo di divertimenti? – domandò De Simone.
Julio tentennò.
- Dai, abbi un po’ di coraggio, parla! E, poi, non è neppure un reato… – esclamò Paco.
- E va bene: si trattava di frequentazioni di locali hard, orge ecc.
- Già! E Francisco e tu eravate gli “uomini sensuali!”. – alluse l’agente.
Julio sorrise, ma non disse nulla.
Dopo qualche secondo, riprese a raccontare.
- Io mi vergognavo di dire a mia sorella il vero motivo dei miei rifiuti e, di volta in volta, inventavo delle scuse: ai suoi occhi i miei amici dovevano diventare dei secchioni privi di altri interessi se non di studiare…
Questa volta, fu Paco a sorridere.
- Purtroppo, però, ci fu un inconveniente… Quel maledetto esame di Storia portoghese che Anita si era intestardita a voler sostenere il primo anno! Pamela Coelho, la ragazza che, nel video, sta vicino a Francisco, aveva superato quell’esame con trenta e lode. E Anita lo sapeva. Senza che io ne fossi a conoscenza, si mise d’accordo con quella sgualdrina per studiare insieme. A casa sua. Non so bene, ma credo che lì abbia incontrato Francisco. Lui mi disse in seguito che ne era seriamente innamorato, ma io non ci ho mai creduto. Non era tipo da provare amore vero, quello
lì!
- Che ne sai tu? – gli domandò Paco. – Tu non gli eri amico come lo ero io.
- Dopo l’incidente avevo una sola idea fissa…
- Quella di vederlo morto? – lanciò De Simone.
Julio non rispose, ma riprese il suo racconto.
- Francisco e Pamela invitarono mia sorella ad una gita al Palacio da Pena, un castello medievale, con lussuosi giardini e passeggiate romantiche. Mentre viaggiavano, Francisco, che, forse ad arte l’aveva fatta sedere accanto a sé, cominciò a farle profferte alquanto spinte e ad alzare le mani. Quando Anita ebbe capito le sue reali intenzioni, cominciò a respingerlo in maniera decisa. Non so che cosa abbia fatto, ma è certo che arrivò un momento in cui dimenticò di essere in un’auto e che il suo avversario era alla guida. L’auto sbandò e finirono contro un albero. Francisco e Pamela riportarono ferite guaribili in pochi giorni. Anita ne ebbe per poco, ma fece in tempo a raccontarmi tutto. Da quando morì, mi trascinai per lungo tempo in
uno stato di profonda depressione. Mangiavo pochissimo, i miei sonni erano turbati da quello che doveva esserle accaduto e sognavo che lei stessa mi chiedeva di vendicarla. Di giorno ero scontroso; non riuscivo più ad avere una vita sociale accettabile. Non mi vedevo più con nessuno, e non solo con questi assassini. Ci volle un bel po’ di tempo per riprendermi. Intanto, nel mio cervello andava facendosi spazio l’idea della vendetta. Me lo chiedeva la stessa Anita, che in sogno continuava ad incitarmi. L’occasione mi venne qualche anno dopo, quando conobbi Rosa Marchez, una ragazza molto carina e gioviale. Il suo carattere giocherellone mi piaceva, ma quello che mi attirò di più fu la sua straordinaria somiglianza con Anita.
Sorrise.
- Forse mi prenderete per pazzo o per un depravato che aveva avuto con la sorella rapporti ambigui. Avevo amato mia sorella, ma non di quell’amore lì. Quello che mi aveva legato ad Anita era quella dolce complicità che si instaura tra fratello e sorella che si sono sempre amati… cioè voluti bene… La parola “amati” suona strana in questo contesto e in questi tempi in cui l’amore è mercificato e debilitato. Oggi si preferisce, magari, la parola “amicizia”. L’affetto, che ci legava, però, andava ben oltre la semplice amicizia. Ma torniamo a Rosa. All’inizio, il mio rapporto con lei fu solo basato sull’amicizia – questa sì nel senso vero del termine. Una festa in costume per la notte di Halloween fu il pretesto per preparare la vendetta. In quel periodo mi ero riavvicinato ai miei vecchi amici. Loro credevano che il tempo aveva risanato tutte le mie ferite e che, quantunque mi avesse cambiato e reso più malinconico, mi aveva restituito alla vita. In parte, avevano ragione. Solo che la mia malinconia era dettata dal fatto che consideravo che, dopo tutto il tempo trascorso dall’incidente, non ero ancora riuscito a dare allo spirito di Anita quel tributo di vendetta, che desiderava. Halloween fu l’occasione di un discorso su spiriti e fantasmi. Con mia sorpresa vidi che i miei ex amici erano più superstiziosi dei marinai. Mi accordai con Rosa per quello che rivelai dover essere uno scherzo. Per farla breve, avvenne quello che si vede nel filmato. E, adesso, mi ritrovo solo, in preda ai rimorsi e dannato…
Piangeva.
- Com’è avvenuto che la stessa Polizia parlò di fantasmi?
- Signor commissario, io non so se chi si occupò delle indagini ci credeva o no, ma, per me, tutta la storia è stata pilotata da Anita.
- Devi ammettere che “tutta la storia” (pose un accento particolare nel ripetere le parole dell’interrogato) non sta per niente in piedi…
- Ma… - tentò di dire Julio.
- Innanzi tutto, mi devi spiegare: se le cose stanno come dici – fantasmi a parte – perché ti portavi dietro la videocamera e perché Francisco e Pamela continuavano ad invitarti a lasciarla perdere e a spegnerla?
- Portavo la videocamera perché volevo filmare quello che sarebbe avvenuto… non sapevo che reazione avrebbero potuto avere quei cacasotto.
- E loro?
- Loro… che?
Il commissario sbuffò:
- Perché non volevano che filmassi?
Julio non rispose.
- Evidentemente Pamela voleva la sua attenzione! – esclamò, ridacchiando, il Mendez, mentre Julio si mostrava evidentemente più risollevato.
Loiacono si voltò verso Paco. Era come se lo vedesse per la prima volta. Solo allora si domandò che cosa fosse venuto a fare e la risposta, che si diede, fu che quel tipo aveva avuto una parte ben più importante nella vicenda.
- Veramente, ad invitarlo a spegnere la telecamera era più Francisco che Pamela.
Anche Paco rimase in silenzio. Per il funzionario era chiaro che la vicenda era molto più torbida di quanto volevano far credere e che, verosimilmente, uno dei due, forse Julio, era solo un pupazzo.
- Io non credo che Francisco volesse l’attenzione di Julio… a meno che non vogliamo credere che fra voi ci fosse un rapporto diverso dalla semplice amicizia…
- No, no… lo giuro! – si affrettò a dire Julio. – Io e Francisco eravamo soltanto amici…
- Ne sono convinto. Il filmato non ti smentisce. Quello che non capisco e che mi costringe a dire che hai mentito su tutto è che, stando al tuo racconto, chi avrebbe avuto interesse a portarsi dietro una telecamera dovevano essere proprio i tuoi amici, non tu…
Il commissario fece una pausa per accendersi una sigaretta, quindi continuò:
- Stando al tuo racconto, infatti, i tuoi amici avrebbero dovuto temere da te qualcosa ai loro danni, non tu… A meno che tu non sapevi che, in un modo o nell’altro, Francisco e Pamela sarebbero morti. E, d’altra parte, anche in questo caso non si vede quale tipo di aiuto avresti avuto se l’eventuale accusa di omicidio colposo si fosse trasformata in omicidio premeditato …
Julio ammutolì e abbassò la testa. Il commissario volse lo sguardo verso Mendez e vide nei suoi occhi un lampo sinistro.
- Io non credo che ci tieni a finire in carcere con una tale accusa. La colpa tua è solo quella di non aver prestato sufficiente impegno a tutelare tua sorella. Sei stato solo un ingenuo, non un colpevole. In realtà, un altro potrebbe avere una colpa un po’ più grave…
Il commissario e l’agente De Simone, che fino a quel momento stava tranquillamente a stendere il verbale dell’interrogatorio, s’accorsero che Paco si sfregava nervosamente le mani.
- Francisco Mendez, detto Paco, ti dichiaro in arresto per omicidio preterintenzionale! La manovra è stata orchestra da te e dai tuoi amici, non da Julio. Il suo filmato vi incastra. Tu e i tuoi amici vi eravate messi d'accordo per convincere Julio. Poi, la cosa ha preso una piega che nessuno avrebbe voluto: ha vinto la paura e qualcuno ci ha rimesso la pelle.
- Potrei avere un bicchiere d’acqua? – domandò Paco.
De Simone andò a prenderlo e glielo porse.
- Sì, in effetti, Julio è innocente. – ammise Paco, dopo che ebbe bevuto. – Dopo la morte di Anita, quando si fu riavuto dal dolore, minacciò di denunciarci. Io cercai di dissuaderlo, ma non ci fu verso. Si rammaricava solo di non avere prove. Noi pensammo, in realtà, che stava disegnando una vendetta e gli proponemmo una gita per parlare ulteriormente della cosa. Fui io a cercare e a trovare la donna che impersonò il fantasma di Anita. Noi non sapevamo niente dei sogni, in cui era la sorella stessa a voler essere vendicata. La sua apparizione ci avrebbe dato man forte a convincerlo a non denunciarci. Quando, però, Francisco e Pamela videro che quello aveva la videocamera, credo che entrarono in confusione e successe quello che successe.
- E perché ti sei addossato tu la colpa? – domandò il commissario a Julio.
- Non lo so! – fu la risposta. – Io sono un vigliacco. Anche la morte di quell’altra ragazza mi aveva
sconvolto. Non sapevo come comportarmi. Fu come sottostare ad un ricatto.
- E non sai che potrei accusarti di favoreggiamento?
- Sì, per questo ho inviato il filmato. Ho avuto paura ad espormi direttamente e ho escogitato questo stratagemma. Sapevo che la sezione Omicidi della Questura di Bari era comandata da un commissario esperto e senza pregiudizi qual è lei ed ho agito di conseguenza.
Il commissario si alzò dal suo posto e si diresse verso la finestra. Via Murat era trafficata come al solito. A lui, però, non interessava il traffico. Si voltò e, con uno sguardo d’intesa a De Simone, permise a Julio di andarsene. Quindi, prese il quotidiano e finse di leggere fino a quando l’agente, capita l’antifona, lo lasciò solo.

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