I luoghi più
caldi dell’Inferno sono riservati a coloro che in tempi di grande crisi morale
si mantengono neutrali.
Robert
Langdon, l’esperto di simbologia di Harvard, che abbiamo imparato a conoscere
nei precedenti best seller di Dan Brown, si ritrova in un ospedale fiorentino,
vittima di un proiettile che gli ha sforacchiato di striscio la nuca,
provocandogli una complicata amnesia. Secondo i medici, il dottor Marconi, che
troverà la morte in un nuovo tentativo di omicidio, e la dottoressa inglese
Sienna Brooks, tirocinante nel nosocomio italiano, che accompagnerà Langdon
nelle rocambolesche fughe tra palazzi, musei e visite ad opere d’arte nella
città medicea, qualcuno vuole uccidere il professore americano perché
depositario di un segreto o a causa dei risultati di una ricerca. Sienna,
dunque, si porrà come una guida dello smemorato Langdon allorquando lo stesso
paziente, alloggiato nella sua casa per cambiarsi d’abito e rimettersi in
sesto, si scoprirà avere addosso, cucito nella fodera della sua giacca di
Tweed, un miniproiettore digitale che manda l’immagine della famosa Mappa dell’Inferno dantesco dipinta da
Sandro Botticelli (1445-1510) riprodotta con alcune importanti infedeltà nella
rappresentazione dei gironi e delle pene relative.

La risoluzione di un
anagramma rettamente interpretato e la scoperta da parte di Sienna che il suo “beniamino”
sarebbe nel mirino dello stesso governo statunitense che, attraverso il suo
Consolato in Italia, dovrebbe invece proteggerlo e aiutarlo, danno inizio ad
una “visita a marce forzate” nella Firenze storica alla ricerca di alcuni
oggetti (nell’ordine: un dipinto di Giorgio Vasari – la
Battaglia di Marciano nel
Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, una banale copia della Commedia e
la maschera funeraria di Dante Alighieri, anch’essa conservata a
Palazzo Vecchio) e nel tentativo di fuggire i sicari del governo degli USA.
Ma
le cose stanno veramente così? Quale interesse avrebbe la giovane e bella
dottoressa inglese ad aiutare il professor Langdon? Perché nella mente del
professore si accavallano strane immagini infernali e corpi ammassati in un
lago di sangue? E chi è quella donna dai capelli argentei che, nelle visioni,
gli chiede aiuto e che, nella realtà, scorgerà, visibilmente drogata, nel
furgone dei suoi inseguitori? E che significato ha
la maschera a becco di
uccello rapace usata dai medici del Rinascimento con gli ammalati di peste
nera?
In
realtà, a Venezia, dove alcuni versi scritti sulla maschera di Dante avranno
spinto i nostri, molti nodi verranno al pettine e i lettori saranno messi al
corrente di particolari, che, a dire il vero, già si intuivano da svariate
pagine. La frase apposta all’inizio di questo intervento è riportata in
epigrafe al libro e costituisce il leitmotiv del romanzo. Nell’opera la frase
rappresenta la dedica scritta da un misterioso personaggio su una copia dell’Inferno regalata ad un tale che si fa
chiamare il Rettore e che dirige da un panfilo travestito da nave militare (o
una nave militare travestita da panfilo?) un fantomatico Consortium che si occupa,
senza chiederne il fine, di manipolare la realtà.
Nella
stessa città lagunare, il professore di Harvard, mentre con Sienna risale,
attraverso un tombino, dai sotterranei della Basilica di S. Marco, viene tramortito e fatto prigioniero dai suoi
inseguitori, mentre la ragazza riesce a fuggire, borbottando al suo “compagno”
ambigue parole di scusa.
Quando
ritorna in sé, Elizabeth Sinskey, la donna dai capelli argentei, che si
presenta come direttrice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo mette al
corrente della realtà, facendogli capire che non è tutto come sembra e che
dovrà imparare a non fidarsi troppo di chi gli sta vicino. Il problema al quale
l’OMS dovrà far fronte è quello di evitare una terribile pandemia atta a
decimare la popolazione per poterne migliorare le condizioni di vita, evitando
la fine delle risorse planetarie e la conseguente inevitabile estinzione del
genere umano.
Il
fantomatico Rettore, per la prima volta in vita sua, ha rotto il contratto
stipulato con Bertrand Zobrist, genio miliardario dell’ingegneria genetica e
rappresentante di punta della filosofia transumanista, e, dopo aver visionato un orrido
filmato che avrebbe dovuto mettere in rete, senza visionarlo, il giorno
successivo e grazie anche al suicidio del committente (gettatosi dalla torre di
Palazzo Vecchio), si mette a collaborare
con l’OMS (fino ad un certo punto, però!).
Langdon
viene, dunque, a sapere che gli attentati, di cui sarebbe stato fatto vittima,
sono state finzioni create dal Consortium e che, in realtà, è stato chiamato a
Firenze proprio dalla Sinskey per trovare una famigerata sacca nascosta nella
pozza di una cripta (una “laguna che non riflette stelle” e un “imo palagio”),
che scioltasi, dovrebbe liberare un pericoloso virus. Viene a conoscenza,
altresì, che Sienna Brooks è stata l’amante di Zobrist e anche lei ha aderito
al Transumanesimo e, continuando ad interpretare i versi incisi sulla maschera
di Dante, intuisce che deve dirigersi a Istanbul, nell’antica
Basilica – poi moschea – di Santa Sofia
(ora museo, il “dorato mouseion di divina sapienza” del romanzo). La meta finale, dunque, non è
Venezia ma la città turca. I precedenti calcoli erano tutti errati. Sienna si è
preso gioco di lui o il suo cervello comincia a far acqua? Comunque sia, il
lettore assiste ad un finale fantascientifico e ad un colpo di scena in verità
poco credibile. I nostri eroi arrivano tardi. Dopo varie vicissitudini ed
inseguimenti nell’antico edificio di culto, in cui ricompare (in versione Eva Kant, con tuta nera)
Sienna, Langdon e Brüder (il capo della squadra di contenimento che isola,
all’ordine dell’OMS, i luoghi infetti) constatano che la sacca contenente il
virus si è rotta (cioè credono che l’abbia rotta Sienna, poiché i tempi in cui
si sarebbe dovuta disciogliere non coincidono; la lapide con la data del giorno
successivo e l’epigrafe IN QUESTO LUOGO, IN QUESTA DATA, / IL MONDO È STATO
CAMBIATO PER SEMPRE parla chiaro). I due e la Sinskey, che si sono esposti alla
zona contagiata, temono di essersi infettati e, quindi, poiché sono convinti
che il virus creato da Zobrist sia quello della peste nera, si aspettano ormai
solo di dover morire. Il problema grosso, però, è che, secondo un collaboratore
di Brüder rimasto in America, grazie ai turisti e agli spettatori di un
concerto tenuto nell’area, provenienti da varie nazioni, la pandemia è già in
atto.
È
a questo punto che i lettori assistono ad un colpo di scena. Langdon, che si è
lanciato all’inseguimento di Sienna, riesce a raggiungerla e a farsi dare
ragguagli su ciò che è avvenuto. La giovane dottoressa, in un certo senso,
tranquillizza Langdon: la pandemia in atto non è di peste nera, ma di
infertilità. Il suo ex amante non aveva sintetizzato un virus di peste, ma
propriamente quello che si chiama un vettore virale che renderà sterile un terzo della popolazione
mondiale per trasmissione umana. Il sogno transumanista di Zobrist, quindi, si
avvererà e si avvererà non con la morte a breve giro di miliardi di persone, ma
con una più lenta “estinzione” di una parte della popolazione mondiale. Lei, in
un primo tempo aveva aderito al progetto; in un secondo tempo, però, aveva
capito di trovarsi di fronte un pazzo megalomane e si era data da fare per
cercare e neutralizzare il vettore senza, tuttavia, coinvolgere né l’OMS, che
in realtà non avrebbe mai davvero preso a cuore il problema della
sovrappopolazione mondiale, né i governi, per la sua convinzione secondo cui
ogni grande invenzione nelle mani sbagliate è sempre diventata un’arma.
Langdon
e la Sinskey, credendo al pentimento della ragazza, cercheranno di convincerla
ad intervenire alla sede centrale dell’OMS a Ginevra per fornire informazioni
atte a neutralizzare il virus e a trovare un antidoto per le persone colpite.
In realtà, fa specie vedere, considerando l’ultima parte dell’ultimo capitolo
del libro, che la ragazza a Ginevra non illustrerà affatto i possibili rimedi
alla pandemia, ma parlerà dei vantaggi dello sfoltimento della popolazione.
Da
che parte sta veramente Sienna Brooks? E Dan Brown?
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