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mercoledì 19 agosto 2009

L'incidente. (4)

Il colloquio con la professoressa Iolanda Taranto aveva dato i suoi frutti. Il commissario aveva raccolto notizie interessanti su Fatima e (sorpresa!) sui due Palestinesi. I tre giovani si erano onosciuti alla moschea di via *** ed erano diventati amici per la pelle. Nella moschea - dove si riunivano, oltre che per pregare, anche per discutere di fatti diversi, in particolare di politica e di assistenza ai membri bisognosi della comunità - si vedevano spesso ed era, dunque, nata fra loro una buona amicizia. La professoressa Taranto aveva altresì saputo (ma, forse, si trattava solo di voci) che i Palestinesi erano conosciuti nel loro Paese anche per aver militato in un gruppo terroristico e che Ibrahim aveva addirittura aspirato a fare il kamikaze. Fatima si diceva affascinata da questi giovani che avrebbero dato la vita per l'Islam e per la causa del loro Paese. La ragazza non parlava con nessuno per paura di essere presa in giro per il suo modo di pensare e di vivere. Soltanto la Taranto aveva trovato il sistema per aprire una breccia nel suo isolamento. Le aveva dato fiducia, partendo dalla sua materia d'insegnamento. Fatima, infatti, era molto agile e aveva un fisico atletico. La professoressa l'aveva subito notata e le aveva suggerito di dedicarsi a qualche attività sportiva. La Yemenita aveva rifiutato, perché la sua religione le vietava di esercitare qualunque attività sportiva, che non fosse riservata alle sole donne (e "riservata alle sole donne" significava che un pubblico maschile non solo non doveva partecipare, ma neanche essere spettatore) ed ella aveva constatato la totale assenza in Occidente di simili realtà. La professoressa Taranto era stata una delle poche a non ridere e a non giudicare antiquate queste norme, ma a rispettarle per quelle che erano, cioè usanze di altre civiltà, degne di uguale rispetto quanto le proprie. Ed era stato grazie a questo atteggiamento che Fatima aveva cominciato a confidarsi con lei. Con gli altri insegnanti, invece, non aveva mai cercato di instaurare nessun tipo di dialogo.
- E le amicizie nell'ambito della scuola? – aveva domandato Gregorio.
La professoressa aveva spiegato che, oltre ai due ragazzi palestinesi, Fatima non aveva rapporti con altre persone, che potevano essere chiamate sue amiche. A causa del suo modo di pensare, le risultava difficile intessere amicizie con persone che vivevano fuori del suo ambiente. Un certo interesse mostrava per una ragazza della Terza C, membro attivo della Caritas diocesana, che l'aveva aiutata molto quando era arrivata dallo Yemen e che aveva insegnato l'Italiano a lei e a suo padre.
- E con la professoressa Valle quali rapporti aveva?
- Guerra aperta e dichiarata! - fu la risposta della docente.
- Addirittura?
- Sì! – aveva rincarato la professoressa. - Laura conosceva bene il suo lavoro e, anche se, a volte, usava metodi tradizionali, tuttavia era molto apprezzata. Aveva, però, le sue idee e, spesso, si mostrava persino intollerante con chi la pensava in modo diverso. Vuole un esempio?
- L'ascolto!
- Le avranno certamente riferito della vicenda del chador!
- Sì!
- Bene! Quella vicenda divise in due il Consiglio di classe. Alcuni di noi, d'accordo con Laura, volevano che la ragazza non lo portasse. Essi sostenevano che la Scuola italiana, dopo il nuovo Concordato, è un'istituzione laica e, dunque, non legata a nessuna forma particolare di pensiero. Se, a suo tempo, si era pensato di togliere i Crocifissi dalle aule, sarebbe stato coerente non permettere alcuna manifestazione di carattere religioso o "etnico". Coloro che sostenevano di permettere queste "manifestazioni", invece, spiegavano che, se la Scuola deve aprirsi alla Società - ed è giusto che ciò avvenga - si deve tener conto che quest'ultima sta diventando sempre più multietnica e, se la Scuola non vuole rinunciare al suo compito educativo, dovrà saper cogliere e valutare tutte le forme di Cultura (badi, non parlo della cultura con la c minuscola, cioè quella dei saperi tradizionali: Storia, Geografia, Arte... ma di quella con la C maiuscola, quella Cultura, che è "costruzione", cultus, di tutto intero l'individuo e che comprende anche la musica, lo sport, la religione, le proprie usanze e tradizioni...). Il dibattito è ancora aperto.
- E il Dirigente che posizione ha preso? - domandò il commissario.
- Quell'uomo è soltanto un burocrate! Crede che il suo compito sia essenzialmente tenere alto il buon nome della scuola e di mantenere l'ordine, ma non interviene mai in questioni di questo tipo con posizioni chiare.
- E riesce a mantenerlo, l'ordine?
- Abbastanza!
- Lei ha mai frequentato l’ambiente dei Cardini?
- In realtà, ero proprio fra le colleghe intime di Laura. Il suo ambiente lo conosco molto bene. Qualche anno fa ho avuto anche una relazione con un collega dell’ingegnere…
- Sa, per caso, se in quella casa circolino stupefacenti? Cocaina o, più precisamente, eroina… Oppiacei, insomma!
Iolanda ci pensò su un po’, poi negò.
- Contrariamente ai loro colleghi, Luciano è quasi puritano: credo che, forse, non sopportava neppure che la moglie fumasse così tanto. Figurarsi, poi, se avesse potuto tollerare della droga!
La testimonianza della professoressa coincideva con quanto saputo dalla governante e dallo stesso ingegnere. Loiacono, dunque, si convinceva sempre più che il delitto, di cui si stava occupando, non aveva niente a che vedere con l’ambiente o il lavoro dell'ingegnere né tanto meno con le lettere anonime, che l'uomo gli aveva mostrato. Quelle lettere erano state, con molta probabilità, l'impresa di qualche mitomane. Di gran lunga più seria sembrava la pista degli studenti fondamentalisti. Conosceva abbastanza bene, adesso, Fatima e l'idea, che se n'era fatta, era quella di una musulmana ortodossa, ligia a tutte le prescrizioni dell'Islam, - dunque, molto praticante - ma un po' fanatica e proclive ad accusare di razzismo e di intolleranza tutti coloro che non vedevano di buon occhio le sue usanze. Non la riteneva, tuttavia, capace di uccidere. L'omicidio era stato ideato e perpetrato da altri, forse proprio dai due Palestinesi. Le informazioni raccolte da De Simone avevano fornito, infatti, altri particolari interessanti: i compagni di fede dei due giovani, pur fra reticenze e ammiccamenti, avevano fatto capire che Ibrahim e Mohammed erano fanatici della guerra santa e avevano seguito i loro padri in America, dove erano stati inviati forse a compiere attentati. In seguito, dopo l'arresto dei genitori, accusati di aver piazzato una bomba in un supermercato di New York, erano fuggiti e avevano raggiunto l'Italia clandestinamente. Inseritisi nella comunità islamica barese, si erano forniti di regolare permesso
di soggiorno e iscritti al liceo "A. Scacchi". Nello stesso tempo, avevano cercato e trovato un lavoro. Ibrahim lavorava con un benzinaio e Mohammed come garzone in un bar. De Simone aveva interrogato il gestore della stazione di servizio e il proprietario del bar. I due uomini avevano genericamente parlato bene dei loro dipendenti, anche se ne avevano deplorato il carattere irascibile e la tendenza a "menare le mani". Il proprietario del bar, in cui lavorava Farrah, aveva aggiunto, a carico del suo dipendente anche il vizio del fumo - "e non solo di nicotina" aveva precisato - e la frequentazione di gente, che più volte aveva allontanato dal locale perché sospettati di essere nel giro della droga.
- Potrebbero, dunque, aver ucciso? - domandò il commissario.
- Sì! - rispose con sicurezza l'agente. - Secondo me, sì! Il gestore della pompa dove lavora Kassam, mi ha detto di essersi spesso spaventato a causa dell'attitudine del ragazzo: si mostra talmente intrattabile e pericoloso appena lo si contraddice. Poi, mi ha rivelato - particolare degno di nota - che, qualche giorno fa, gli sono spariti un cric portatile e una tanica piena di benzina.
Il commissario ripensò a come era stata descritta la ferita alla testa dal medico legale.
- Interessante!
L'agente aggiunse che la descrizione della tanica sparita corrispondeva a quella trovata sul luogo del delitto.
Irascibilità, fanatismo religioso, sospetto di terrorismo ("Ahimè, ma coloro che erano al corrente di tali notizie non avrebbero dovuto già denunciarli?" fu l'amara riflessione di Gregorio), droga... Le ipotesi cominciavano a trovare conferma. Il commissario volle ritornare sul luogo in cui era stata trovata l'auto in fiamme per una prima ricostruzione in loco dei fatti. Era possibile che i due Palestinesi si fossero serviti del cric per uccidere la donna e della benzina per bruciare auto e cadavere insieme...
- E il cric dove sarebbe finito? - aveva domandato l'agente.

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