1 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània,
dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E
qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria
allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne
cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si
riempì dell'aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei
suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è
venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei
poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che
vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché
essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li
avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che
egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro
che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora
decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne
andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
(Gv.
12, 1-11)
Oggi, lunedì santo, iniziamo il cammino,
dietro a Gesù, fino alla croce. Un cammino iniziato ieri con il ricordo del
solenne e festoso ingresso del Signore nella Città Santa. Solenne ma umile. Gesù, che di lì a poco si proclamerà re davanti
al rappresentante del potere romano, non cavalca un fiero destriero, ma un
asinello, un umile asinello. È un messaggio che sconvolge: certo, con quella
cavalcatura Egli darà compimento alla parola del profeta Zaccaria (Dite alla
figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un'asina / e su
un puledro, figlio di una bestia da soma.; Zc. 9, 9); sì, si può anche accettare il parere di alcuni
studiosi, secondo cui l’asino era la cavalcatura normale del re in tempo di
pace (e già questo sarebbe un messaggio che indicherebbe l’entrata in
Gerusalemme non per la conquista e la cacciata dei Romani, come ci si aspetterebbe
da un autoproclamatosi liberatore e re-Messia, ma per portare un messaggio di
pace e di amore), ma la realtà dirompente è che Dio non si manifesta quasi mai
come ce lo aspettiamo. Dio sceglie tempi e modi suoi. Il vero messaggio è che
il Signore della Storia non si piega alle nostre aspettative se non quando noi
accettiamo i suoi modi, i suoi tempi, la sua libera sovranità. Con la
consapevolezza che tutto volgerà al nostro bene.
Il brano odierno, quindi, si pone ancora
come un voler mettere a fuoco la realtà delle cose, un voler entrare nella loro
verità più nascosta. Gesù, anche come semplice uomo, ha sempre voluto mettere
le cose al loro vero posto, ma non è mai stato banale. Così a Betania. Come
negli altri brani in cui vediamo in scena Gesù in questa casa amica (anche
nella triste occasione della morte di Lazzaro), è molto bello vedere la sua
umanità anche nella bellezza del fenomeno dell’amicizia (di cui, qui, non
sfugge nemmeno l’aspetto conviviale). A un tratto, però, c’è qualcosa di
inaspettato. Maria, quella che lo ascoltava seduta ai suoi piedi – altrove si parla
di una peccatrice, ma sorvolo su queste difficoltà il cui scioglimento non mi
compete né è questo il luogo per approfondire – prende un vasetto di nardo,
profumo orientale molto costoso e cosparge Gesù, spandendo la fragranza per
tutta la casa. E qui non possiamo che riflettere su come l’amore vero,
testimoniato con la vita, riempie di sé tutti gli spazi intorno a noi. Il gesto
solleva qualche mugugno e mette a nudo una radicale incapacità di comprensione
della figura del Cristo. Giuda parla della possibilità della vendita di quel
profumo per dare il ricavato ai poveri; l’evangelista, a posteriori, stigmatizza il pensiero del condiscepolo perché
dettato da interesse personale: il discepolo che tradì il Maestro era anche
ladro e si impadroniva di ciò che veniva messo nella cassa comune. Due giudizi
taglienti: l’uno rimprovera di sperpero la donna e non capisce il suo gesto
d’amore e, si vedrà, di profezia; l’altro punta il dito contro il condiscepolo,
forse sminuendo il suo pensiero (non lo sapremo mai!) e gettandolo a terra come
dettato da vile interesse. Gesù mette le cose al loro posto: ciò che ha fatto la
donna è un gesto per onorare il suo Signore, ma, nello stesso tempo, è
profetico, perché annuncia la sua passione e morte e, dunque, la sua estrema umiliazione
nella sepoltura. Maria riconosce la regalità di Cristo, ma, nello stesso tempo,
compie un gesto che disvela il senso di quella regalità. Gesù, che altrove
aggiunge che il suo gesto sarà ricordato ovunque sarà predicato il Vangelo, non
esclude la misericordia e la carità dal gesto di Maria (anche nel seppellimento
dei morti la Chiesa vedrà un’opera di misericordia corporale), ma ne annuncia
il vero senso. È solo la presenza di Cristo, infatti, a dare senso ai nostri
gesti di carità. È la misericordia di Dio che disvela il significato dei nostri
gesti di amore. Altrimenti si corre il rischio di viverli in chiave
autoreferenziale e, giustamente, la gente vede, in chi esercita la carità in
questo modo, soltanto dei ladri.
Gesù avoca a sé un’attenzione particolare
– «I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me» – non
perché vuol essere autoreferenziale, ma perché, ancora una volta, indica in
Maria colei che “ha scelto la parte migliore”, colei che ha saputo vedere ciò
che altri non potevano vedere. La storia dei discepoli di Gesù, la storia della
Chiesa, sarà piena di momenti alti di carità verso i fratelli. Dopo
l’ascensione del Maestro, essi si occuperanno dei poveri per venti secoli. Con
Cristo sono stati appena tre anni, ma la lezione, pur fra cadute ed errori,
l’hanno imparata. Se si vuole amare il fratello, si deve amare prima Cristo. E
si deve innanzitutto trovare tempo per lui per scoprire cosa sia l’amore per i
fratelli.
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