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martedì 30 novembre 2010

Prima domenica di Avvento

N.B.
Senza la parola di Dio il mondo sarebbe veramente nel caos. Come chiede il Santo Padre Benedetto XVI e già il Venerabile Giovanni Paolo II suggeriva, il cristiano che usa i nuovi media deve sentire il dovere di mettersi a disposizione della nuova evangelizzazione. Nel mio piccolo lo faccio con lo strumento che credo a me più congeniale: la letteratura. All'inizio del nuovo anno liturgico voglio iniziare, insieme a voi che mi leggerete, un cammino di riflessione con le letture della Messa domenicale. E' un esperimento cui sto pensando da un po' di tempo. Adesso credo arrivato il momento di attuarlo.
Buona lettura e che Dio renda proficua la vostra meditazione (leggendo in particolare i brani della Sacra Scrittura). Buon Avvento.
Dal libro del profeta Isaia (2, 1-5).
Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: « Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri ». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.
Parola di Dio.
Andiamo con gioia incontro al Signore (Sal. 121, 1-2; 4-9).
Quale gioia, quando mi dissero:
« Andremo alla casa del Signore! ».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
Rit.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
Rit.
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
Rit.
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: « Su di te sia pace! ».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Rit.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (13, 11-14a).
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la vostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.
Parola di Dio.
VANGELO
Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

Dal Vangelo secondo Matteo (24, 37-44).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate
di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro,
veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti
perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo ».
Parola del Signore.
« Andiamo con gioia incontro al Signore. »
LETTERA AL PROFETA ISAIA.
Figlio di Amoz, profeta del Servo del Signore, dinanzi alla parola di oggi ci assale come uno sgomento. Eppure la liturgia ci invita alla gioia e alla speranza: « Andiamo con gioia incontro al Signore ». Perché? Perché questo magone che sembra attanagliare il cuore al pensiero che un giorno passerà questo mondo? Perché ci assale il terrore quando udiamo che presto arriverà la fine? Perché licenziamo superficialmente tanti nostri fratelli che ci presentano questa realtà con il pensiero che son favole e non ci mettiamo, insieme, all’ascolto della Verità? La parola dell’Altissimo, che un giorno uscì dalla tua bocca, è la Verità, quella Verità che, incarnata in un umile falegname di
un’oscura cittadina del grande impero, continuerà a ripeterci nei secoli: « Vegliate! »
Le trame della Storia sono troppo oscure per chi non ha un faro. Nei tuoi giorni, tu gridavi per la ricostruzione di un tempio fatto da mano d’uomo. Era, quel tempio, il segno che Dio si ricordava di quel suo piccolo popolo sperduto e lo richiamava dalla terra d’esilio. La sua speranza era innalzarsi al di sopra delle Nazioni. Tu dicesti che la vera forza di Gerusalemme era la legge del suo Dio e il suo potere non si basava sulle armi, come per gli altri popoli, come per Babilonia che l’aveva assoggettato, ma sulla pace e la giustizia provenienti dal Signore. E quei tuoi fratelli, ahimè, ti prepararono amare catene. Perché è sempre così: chi parla di pace, di giustizia, di equità sociale che non sia prevaricazione all’inverso, cioè del diseredato contro il benestante (ch’è pure ingiustizia intollerabile), è un sovversivo, va eliminato. Ecco perché ci fa paura che il mondo finisca. Ecco perché quella parola dell’Annunciato, quel « Vegliate! » che risuonerà nei secoli, ci fa paura.
Tu, forse, nella tua veste di luce, di fronte a Colui che si è fatto da te annunciare, riderai. Penserai, magari: « La fine del mondo! » E Colui dinanzi al quale tu stai ti farà
dire di non pensare alla fine del mondo, anche se potrà accadere subito all’indomani. Ti dirà di farci pensare, piuttosto, alla fine di ciascuno di noi, quando quel ladro ci preleverà a questo mondo, che continuerà a rotolare sui suoi binari, e ci chiederà di lasciare quanto fino a quel momento abbiamo avuto di più caro. Allora davvero vedremo il sacro monte innalzarsi sopra i colli e Colui che ci ha ordinato di vegliare sarà il Giudice dei vivi e dei morti e la sua parola non sarà più amore e misericordia, ma « Giustizia! » Quante volte, allora, desidereremo aver trasformato in aratri le nostre lance di perversi giudizi! Quante volte vorremo prendere le nostre spade di egoismo per trasformarle in aratri e tracciare solchi di condivisione, di amore dato senza contraccambio! Quante volte vorremo non imparare più l’arte della guerra al nostro fratello che bussava alle nostre porte come mendicante, lavavetri, bisognoso di lavoro o soltanto di affetto e compagnia. Ahimè, quante lacrime non riusciranno ad appagarci! Ma tu, forse, sei riluttante a dirci tutto questo; tu vuoi dirci solo di farci coraggio e di guardare la luce che promana dal Suo tempio, quella luce che anche Paolo di Tarso, tanti secoli dopo di te, dopo la venuta dell’Atteso, ci indicherà come presente. Sì, il giorno è già arrivato. È oggi! Non facciamoci sorprendere nuovamente dalle tenebre.
Sì, caro profeta dei giorni futuri, non lasciarci nel buio dei giorni andati. Facci vedere la luce che promana dalla Città santa dove tu adesso vivi nei secoli. Fa’ che riceviamo quella gioia che investe il Salmista pellegrino in vista di quella Città; che possiamo, profeta del Dio vivente, vedere i seggi del giudizio con la gioia di chi sa di non stare davanti al Giudice inflessibile della Storia, ma davanti al Dio della misericordia. Dacci, infine, che la nostra Città terrena diventi un’oasi di pace e di giustizia per tutti e che tutti possiamo, un giorno, spezzare le spade e le lance per poterci prendere per mano
e cantare le Sue lodi nella liturgia senza fine della Gerusalemme nuova.

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