Ho
scritto queste considerazioni all’indomani della manifestazione, che ha visto,
il 31 luglio, insieme, durante la S. Messa domenicale, la presenza di fedeli
dell’Islam per offrire ai cattolici un gesto di pace in seguito all’uccisione del sacerdote francese Padre Jacques Hamel. Il tempo trascorso
da quel giorno, dovuto a motivi personali, mi ha distolto dal pubblicarlo. La
lettura di un articolo de La Nuova Bussola Quotidiana (questo) mi ha fatto
capire che “il problema” è ancora di attualità e, quindi, mi ha indotto a
riprenderlo.
Così, a pelle, sabato 30
luglio, venendo a conoscenza della strana idea avanzata dai gruppi musulmani di
Francia – e subito seguita in Italia, con il plauso della CEI (non voglio
essere frainteso: espongo solo dei fatti) – della partecipazione, appunto, di
fedeli musulmani alle SS. Messe del giorno successivo, per offrire ai cattolici
un messaggio di solidarietà, vicinanza e pace per il barbaro assassinio di
Padre Jacques Hamel a Rouen, sono caduto dalle nuvole, anzi sono rimasto
veramente di stucco (o, come si dice oggi, basito, che dovrebbe essere più
forte del semplice “rimanere di stucco”). Mi pareva una cosa veramente fuori
luogo: usare la Chiesa nel suo momento più alto per una manifestazione
ecumenica? Non lo vedevo opportuno. Fra me e me, pensavo ai momenti ecumenici
veramente grandiosi voluti ad Assisi da San Giovanni Paolo II prima e da
Benedetto XVI successivamente e rivedevo nella mia mente i particolari di
quegli incontri, cioè come con il Papa polacco l’incontro avvenne all’esterno
del Luogo sacro e la preghiera aveva, a quello che ricordo, accenti universali
e condivisibili da tutte le fedi. Mi è venuto in mente come il Successore, da
teologo par suo, operò le distinzioni e i rappresentanti delle varie fedi ebbero,
a particolare uso, un luogo specifico del Sacro Convento e come la Chiesa fu
riservata ai soli cristiani.
Naturalmente, la
celebrazione e l’intento di ciò che sarebbe avvenuto domenica 31 luglio
sarebbero stati assai diversi. E qui permettetemi una tirata polemica: assai
diversi perché, certamente, è diverso (ma mica, poi, tanto!) il tempo storico,
ma, soprattutto, assai diversi perché, nei giorni che stiamo vivendo, stiamo
assistendo a qualcosa di assai diverso, di cui i più (e, fino a poco tempo
fa, anche il sottoscritto) fanno fatica ad accorgersi e che non
sappiamo, o non vogliamo, ammettere, che, cioè, «le magnifiche sorti e
progressive» (per citare il Leopardi de “La Ginestra”, bellissimo testo poetico,
che abbiamo inconsapevolmente fatto manifesto del nostro decadente Occidente)
del multiculturalismo e delle società multietniche sono miseramente fallite e
che i nostri capi – ahimè, in parte, anche religiosi! – si accingono a dare il
colpo di grazia a quello che, per un paio di millenni, è stato un bel sogno, il
bel sogno di quelli che oggi paiono un pugno di illusi, capeggiati da Uno più
illuso di loro che, per realizzarlo, si è fatto uccidere su una croce, cioè nel
modo più ignominioso e crudele che il sistema penale universale abbia potuto
inventare. Società multietnica e multirazziale, infatti, significava PARITÀ fra
le parti e non assoggettamento di una alle altre e, soprattutto, rispetto
reciproco. Oggi stiamo assistendo allo sfaldamento di tutto questo ad opera di
una parte, che rischia di divenire (perdonatemi un aggettivo brutto, ma, credo,
efficace) cancerosa per la nostra civiltà. E non è solo ad opera del cosiddetto
“Stato Islamico” (IS, o ISIS). Ormai è acclarato che quelli sono delinquenti
assassini, ma è pensabile che la colpa sia proprio di coloro che abbiamo in
casa.
Come molti, da un certo
punto di vista, sono convinto anch’io che l’Islam non sia tutto uguale (d’altra
parte, nemmeno il Cristianesimo è tutto uguale, se pensiamo al variegato mondo
delle confessioni protestanti) e che esistano delle frange più estremiste e
altre più moderate, ma il problema è: che cosa credono questi moderati? Come leggono
quel Corano, che hanno in comune con gli estremisti e, persino, con i radicali
e criminali dell’ISIS? Che cosa intendono quando leggono quei versetti, che
indiscutibilmente comandano la persecuzione e/o l’uccisione dell’infedele (del
miscredente)? Non ce l’hanno spiegato. Nei vari talk show di destra o di
sinistra, l’imam di turno si limita a dire che non è vero che il Corano è
violento e che l’Islam è “pace”, ma mai ci spiega quale sia il senso di questa "pace" (visto che la suddetta parola "islam" significa anche "sottomissione") e che cosa davvero vogliano dire quei
versetti. Fino a che punto, dunque, possiamo ritenerli moderati?
Ma, su questo
argomento, credo che basti. Ritorno all’evento di domenica 31 luglio.
In molte chiese e in
molti paesi, da Nord a Sud (anche a Bari), c’è stata partecipazione alla
manifestazione (in realtà, non riesco a chiamarla in altro modo), ma le cifre
non reggono il confronto con il numero dei musulmani presenti in Italia fra
immigrati e italiani convertiti a quella religione (25.000 presenze in tutto a
fronte di un totale di 1.500.000 di musulmani). E c’era da immaginarlo, poiché
persino un bambino di media intelligenza dovrebbe essere in grado di capire che
convincere una persona veramente credente a essere presente all’azione cultuale
di un’altra religione proprio facile non è. Il problema, però, è un altro, anzi
sono due: innanzi tutto, pare che, nelle chiese dove erano presenti fedeli
musulmani, i presenti alla S. Messa di quell’ora erano in numero minore e hanno
assistito alla celebrazione con atteggiamento guardingo (quindi, la
celebrazione stessa è stata vissuta con paura – “e te credo!” – direbbero a
Roma. Con la prospettiva reale di saltare in aria…). Secondariamente, ci si
potrebbe chiedere: come sono stati percepiti da quei musulmani i vari momenti
della Messa? Perché, anche se è chiaro che chi non crede ad un dato modo di
pensare (non solo in materia religiosa, ma anche politica e, finanche, nelle
scelte della vita quotidiana), ti guarda sempre in modo beffardo nelle tue
manifestazioni, però un conto è il beffardo di chi ti dice, per esempio, “Ma
guarda che scemo a credere a queste fandonie!” Che già sarebbe grave in un
contesto come questo di cui nell'articolo. Un altro conto è il
concepimento del pensiero che, un giorno o l’altro, sarebbe giusto vedere, in
un'occasione come quella, scorrere del sangue (e non è un pensiero esagerato e
xenofobo se è vero, come ha riferito Magdi C. Allam alla trasmissione “Dalla
vostra parte” di Rete 4, lunedì 1 agosto, che proprio nella Cattedrale di Bari
è stato permesso all’imam della città, Sharif Lorenzini, la recita (in arabo,
ovviamente!) della Sura 1 del Corano (L’Aprente), in cui si chiede ad Allah di guidare
il credente sulla retta via, cioè la via «di coloro che hai colmato di grazia [secondo molti esegeti, i musulmani, i
veri credenti, e, soprattutto, i martiri (è lecito, dunque, chiedersi “quali
martiri? Quelli del jihad?"); n. d .r.], non di coloro che
nella ira [gli Ebrei; n. d. r.], né degli sviati [i Cristiani].»
E questo da un imam italiano convertito).
In quest’ultimo caso,
davvero può aver ragione chi va dicendo che, per proclamare la sharia (la legge
coranica) e poterci sgozzare liberamente e impunemente, non aspettano altro che
essere soprannumerari rispetto a noi?
Senza contare, poi, che
da qualche parte si è anche esagerato, (Ventimiglia, dove, al momento della
Comunione, sono stati distribuiti – pare in segno di pace – dei pezzi di pane
anche ai musulmani), facendo teatro persino del Santissimo Corpo del Signore.
Non sarebbe il caso,
piuttosto, di celebrare SS. Messe in suffragio del povero Padre Jacques e in
riparazione di eventuali sacrilegi?
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